Firenze, 27 novembre 2009 – È un'epidemia “silenziosa”: in Italia vi sono circa 700 mila portatori cronici di epatite B, ma è ancora scarsa la percezione della malattia e preoccupa la mancanza di ricorso a cure appropriate. L'appello dei medici di famiglia, riuniti a Firenze fino a sabato nel 26° Congresso della Società Italiana di Generale (SIMG), è ad un attento monitoraggio dei pazienti perché oggi vi sono terapie efficaci in grado di tenere sotto controllo la malattia. “Il medico di famiglia – sottolinea il dott. Alessandro Rossi, responsabile dell'area infettivologica della SIMG – svolge il ruolo di ‘sentinella', per cogliere i sintomi della malattia e porre le domande giuste alle persone potenzialmente a rischio. Spesso infatti l'infezione si scopre per caso o anni dopo le complicazioni. Il virus si trasmette per via sessuale o per contatto con sangue infetto”.
È molto importante mantenere il network tra medico di medicina generale e specialista, per una gestione coordinata dei malati, con risparmio di tempo e risorse per entrambi. “Se non trattata correttamente – spiega Massimo Levrero, professore associato presso il Dipartimento di Medicina Interna all'Università La Sapienza di Roma - l'epatite B cronica evolve in cirrosi nel 10-20% dei casi e i pazienti cirrotici andranno incontro ogni anno nel 5-10% dei casi a complicanze (sanguinamento, ascite, scompenso, carcinoma epatocellulare)”.
I progressi terapeutici degli ultimi anni sono stati particolarmente rilevanti. In particolare entecavir molecola di nuova generazione e antivirale orale ad alta barriera genetica per il trattamento dell'epatite B cronica. La molecola, scoperta nei centri di ricerca di Bristol-Myers Squibb e disponibile in Italia da due anni, in uno studio italiano osservazionale recentemente presentato al Congresso americano sulle malattie del fegato (AASLD) che si è svolto a Boston, ha dimostrato di abbattere la resistenza virale e di ridurre i danni del fegato. Sono stati arruolati 376 pazienti (da 17 centri) non trattati precedentemente con altri farmaci. Il 96% ha raggiunto un livello di carica virale non rilevabile a 72 settimane. Non solo, nel periodo di osservazione non sono stati registrati eventi avversi.