Rivista
SIMG (www.simg.it)
Luglio
1998
L'integrazione
(shared care) nella
"gestione" del diabete mellito tipo 2
M.Passamonti Medico Generale - Varese
D.Costato Medico chirurgo - Varese
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Il Diabete mellito è una malattia
cronica che richiede una attenta, scrupolosa e competente "continuità di cura"
al fine di prevenire o, quanto meno, ritardare la comparsa delle sue complicanze croniche
(1). La malattia interferisce profondamente sulla "qualità della vita" dei
pazienti ripercuotendosi sia sul versante bio-psicologico, non solo dellinteressato,
ma della sua famiglia, sia, in ultima analisi, sullintera società perché, tra le
altre cose, è ragione di incremento della spesa del Sistema Sanitario Nazionale (SSN), in
un momento di limitatezza delle risorse economiche a disposizione rispetto alla domanda
sempre crescente di assistenza sanitaria. Autori inglesi, nel 1989, stimarono che:
"... l1,2 dei Diabetici Britannici usufruiscono del 4% - 5% del totale delle
risorse del SSN" (2). In Danimarca, in uno studio pubblicato nel 1990 su una
popolazione diabetica anziana, si è concluso che, rispetto ai soggetti di uguale età, il
diabetico necessita di prestazioni sanitarie con frequenza due o tre volte superiore (3). Secondo quanto descritto dal "Saint
Vincent Join Task Force Report" (4), gli Operatori Sanitari dellassistenza
primaria in generale e il Medico di Famiglia (Gp) in particolare, avranno un ruolo sempre
maggiore nella "gestione" di questa malattia la cui prevalenza è in rapido e
progressivo aumento. Ancora, nellintroduzione di una Clinical Series del Royal
College of General Practitioners (RCGP), Waine C. afferma: "
Una delle
"sfide" per la Medicina di Famiglia dei nostri giorni, è il trattamento della
malattia cronico-degenerativa... Il diabete, rappresenta lesempio più
formidabile" (5).
Da tempo in tutta Europa, e recentemente
anche in Italia (6) si è sviluppato il sistema definito di "shared care" o
"integrazione" di figure sanitarie con ruoli differenti, specificamente il
Medico Specialista Ospedaliero o del Centro Diabetologico (CD) e il Gp stesso, per la
"gestione" ottimale della malattia diabetica. Sempre dalla letteratura si evince
un certo numero di definizioni di questo sistema di cura, ma quello che, a mio giudizio,
racchiude tutti i più importanti principi e le caratteristiche intrinseche del concetto
di integrazione è stato proposto da Greenhalgh P.M. in una Occasional Paper del RCGP (7):
"... partecipazione congiunta o integrata dello Specialista e del Medico di Famiglia
nella pianificazione delle cure offerte al singolo Paziente con malattia
cronico-degenerativa con un sistema continuo di interscambio delle informazioni
(Primary/Secondary interface) che preveda un momento di audit o verifica dei risultati
ottenuti e degli obiettivi da raggiungere..." . In questa definizione emerge la
complessità e quanto impegnativa sia la completa attuazione dello schema, se ci riferiamo
alla pianificazione degli obiettivi della cura attuato da entrambe le figure sanitarie per
ogni singolo diabetico coinvolto. Anche allimportanza di un sistema di interscambio
delle informazioni sul paziente, ma, a mio giudizio il concetto "nuovo", in
particolare per noi Medici italiani è il momento di verifica degli obiettivi stilati per
ogni soggetto e, se non conseguiti, il "ridisegno" degli stessi e delle vie e
mezzi per raggiungerli.
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Il ruolo del medico di famiglia
nello schema |
Riteniamo che il ruolo
del Gp nello schema di gestione integrata possa essere appieno compreso se richiamiamo la
definizione stessa di Gp e di assistenza primaria. A questo proposito McWhinney I.R. (8)
recita: "NellAssistenza Primaria lapproccio al paziente con malattia
cronico-degenerativa è individuale e olistico. In essa si riconosce che la malattia
(disease) rappresenta solo una delle "cause" del malessere (illness).
Lillness è una esperienza soggettiva definita come linsieme di tutte le
sensazioni del paziente sia di tipo fisico che psichico. Si ha a che fare con sintomi,
emozioni, disagi, diminuzione dellautonomia, comparsa di meccanismi di difesa.
Questo interferisce nei rapporti interpersonali, intra-famigliari e nel sociale".
Ancora, riprendendo una frase di Pagni A., Presidente FNOMCeO: "... La Medicina
Generale si occupa del paziente nella sua globalità e deve affrontare "problemi
complessi e sfumati" piuttosto che malattie definite. Lapproccio globale
allindividuo porta a considerare la malattia non solo come una disfunzione biologica
da riparare in modo "meccanicistico", e lessere Medico non si esaurisce
nel fare diagnosi e prescrivere farmaci".
In queste definizioni emerge in modo
lampante la peculiarità del Gp che deve riflettersi in una altrettanto esclusiva
modalità di "essere" nellambito dello schema di integrazione.
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Priorità nella cura del paziente
diabetico in Medicina Generale |
Per la peculiarità dellAssistenza
primaria come indicato, e anche, prendendo in prestito il titolo di un recente articolo
apparso sulla rivista del RCGP (9), per "limportanza di essere
differenti", le "priorità", in termini di obiettivi, nella cura,
diventano, nella Medicina di Famiglia, caratteristiche ed esclusive. Benett I.J. (10) ha
elencato le seguenti: 1. Riconoscere e trattare lansia, le paure e i
"preconcetti" che lessere diabetico comporta. Questo richiede una grossa
empatia e una capacità di ben condurre il momento della consultazione con il paziente. Un
esempio di motivo di ansia e paure può essere la perdita dellindipendenza dovuta
alla necessità della somministrazione dellinsulina. 2. Far riacquistare al paziente
la propria autonomia e auto stima. Rappresenta, questo, lobiettivo principale di un
appropriato intervento educativo-istruttivo e prevede che le indicazioni e i suggerimenti
al paziente siano una "negoziazione" tra lo stesso e il proprio Gp il quale, a
sua volta, deve essere capace di agire in tal senso piuttosto che "imporre".
Questo intervento farà acquisire al diabetico una sicurezza e autonomia che si
rifletterà in una maggiore auto stima. 3. Avoid harm, letteralmente evitare dolore, ma
lAutore ne ha dato un molteplice significato: non solo evitare i danni iatrogeni del
trattamento, le ipoglicemie e la negativa interazione tra farmaci, per sfuggire ai
"fenomeni di rigetto" alla cura e, più in generale, ai consigli educativi, ma,
concetto innovativo, può essere meno nocivo "permettere" al paziente di
continuare a fumare qualche sigaretta se, questo rappresenta uno dei suoi pochi
"momenti" di conforto. Qui, entra in gioco la già citata "capacità di
negoziare", con gentilezza e tatto del Gp. 4. Follow-up rigoroso delle complicanze
micro e macro-angiopatiche. In questo punto è basilare il sistema organizzativo
dellambulatorio del Gp e le sue conoscenze specifiche diabetologiche. |
La motivazione |
È esperienza di tutti i Medici che certi
pazienti in sovrappeso non dimagriscono mai nonostante ripetuti consigli dietetici ed
esortazioni a seguirle. Alcuni non controllano costantemente la glicemia, malgrado le
richieste in tale senso. Questi pazienti forse sanno cosa dovrebbero fare, ma non riescono
a farlo. Sono, questi tipici esempi, tratti da "The Teaching letter 10" del
Diabetes Education Study Group della Società Europea per lo Studio del Diabete (EASD)
(11), di mancata motivazione a mettere in pratica gli insegnamenti e riflettono, secondo
la moderna analisi pedagogica, un insuccesso di chi è deputato a motivare il paziente. La
motivazione rappresenta, quindi, un altro arduo obiettivo e compito del Gp nei confronti
del proprio paziente con diabete. Assal J.Ph. ha scritto: "La motivazione è ciò che
fa sì che le persone imparino ciò che imparano e si comportino nella maniera in cui si
comportano". Lo scopo non è solo informare i pazienti, ma persuaderli ad attuare
cambiamenti radicali nello stile di vita. La mancanza di motivazione vanifica il migliore
programma di istruzione e il lavoro degli insegnanti più determinati (11). |
Indicatori capaci di migliorare il
controllo metabolico del diabetico in Medicina Generale |
In letteratura molti sono i lavori che
hanno valutato i parametri, sia clinico-metabolici, di management, sia i risultati a medio
e lungo termine, che nellassistenza primaria si correlano significativamente con un
buon controllo metabolico dei soggetti diabetici. Questi possono essere così
semplicemente riassunti: 1. Listituzione delle Mini Clinics (12) che possiamo
definire come dei momenti e/o strutture organizzative in Medicina di Famiglia dedicate
alla cura del diabete. 2. Il Recall System (13) cioè un sistema organizzativo per fissare
gli appuntamenti per gli esami, le visite di controllo, il follow-up delle complicanze e,
da cui il termine, per richiamare i pazienti che non si presentano agli appuntamenti
fissati. 3. Linteresse professionale del Gp per il diabete (14). Pringle M. ha
pubblicato un interessante lavoro che, tra le altre cose, valutava alcune caratteristiche
del Gp come la sua personalità, la conoscenza specifica diabetologica, il particolare
interesse professionale per il diabete e solo questultima si correlava
significativamente con un migliore valore di HbA1c nei pazienti. Questo dato è importante
e dovrebbe rappresentare uno stimolo e rassicurazione per quei Gps che risultano restii a
prendere parte a questo sistema di integrazione. 4. Figura sanitaria che, in quasi tutte
le esperienze in letteratura si è rilevata fondamentale è il/la dietista. Infatti i
pazienti le cui Mini Clinics ne erano dotate o dove si era organizzata una via
preferenziale di accesso alla struttura di secondo livello, avevano un controllo
metabolico migliore (14). 5. Altro parametro in grado di migliorare il controllo glicemico
sono i provvedimenti di educazione/istruzione svolti sia dal Gp che, quando presente, da
personale infermieristico opportunamente formato (5). |
"Fattori" per un efficace
"Shared Care" |
Non ci sono consensus
pubblicate circa i criteri da usare per distinguere un "buon" schema di
"shared care" da uno "non-valido". Infatti oltre agli indicatori
clinico-metabolici (HbA1c, ad es.), altri devono essere presi in considerazione. Tra
questi, ad esempio, la proporzione della popolazione di pazienti coperta dallo schema che
deve essere la più ampia possibile, il grado di partecipazione degli Operatori sanitari,
il livello e la continuità della "comunicazione" tra loro, la qualità e
laccessibilità ai parametri clinici (cartelle o supporto informatico), la
partecipazione attiva dei malati, la disponibilità di specifici servizi per particolari
gruppi di diabetici (non-deambulabili) e, una attenta analisi dei costi diretti ed
indiretti dello schema che devono essere comparati con altri sistemi o con lattuale.
Questo solo per citarne alcuni. Sorge, allora, spontanea e lecita la domanda: "Il
sistema integrato di cura al diabetico tra Ospedale e Gp: funziona?". È questo il
titolo di un lavoro pubblicato dal gruppo di Hoskins P.L. (15) operante in un CD
Australiano. Le loro conclusioni sono la risposta alla nostra domanda: "... noi (gli
Autori) crediamo che un sistema di integrazione della cura al diabetico ha chiari vantaggi
e possa rappresentare le basi di un modello di follow-up del diabete e di tutte le
malattie cronico-degenerative che stanno prosciugando sia la mano dopera che le
risorse finanziarie del nostro SSN".
Una valutazione della letteratura
permette, anche, di identificare i "fattori" la cui presenza e concretizzazione
sono importanti per rendere realmente efficace lo schema dintegrazione (16): 1.
Cooperazione e coinvolgimento del Paziente durante la formulazione degli obiettivi e il
momento di verifica degli stessi. 2. Formazione Continua Specifica diabetologica per il
Gp. 3. Stesura di un protocollo scritto e condiviso da un collegio di esperti circa la
gestione, il trattamento e il follow-up del paziente. 4. Presenza di un efficace sistema
di archiviazione dei dati (Patient Record). 5. Un efficace Recall System. 6. Un valido
sistema di comunicazione, di tipo bi-direzionale, tra gli Operatori Sanitari.
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Comunicazione tra medico
ospedaliero e medico di famiglia |
Un efficace sistema di
comunicazione tra i due poli del rapporto, Medico Specialista e Gp, rappresenta,
ovviamente, un ingrediente essenziale e insostituibile nel sistema di cura integrato. Il
sistema di comunicazione deve evitare un eccesso di burocratizzazione e quindi essere
snello, completo e chiaro. Si deve predisporre di uno strumento unico di comunicazione
bi-direzionale, che deve, quindi, poter essere attivato da entrambi i poli e, fatto
essenziale, il sistema di archiviazione deve essere comune (6).
Molti problemi di comunicazione possono o
potrebbero essere oggi ridotti o alleviati grazie ad un efficace uso della tecnologia
disponibile quale computer e fax. Una innovazione realizzabile sarebbe un computer
centrale dove arrivino e si possano attingere tutti i dati relativi a ciascun paziente.
Tecnicamente questo è fattibile e, con la sensibilizzazione e il supporto del SSN
potrebbe essere facilmente realizzato consentendo di correggere le attuali deficienze o
assenza assoluta della comunicazione tra Medico Specialista e Gp (17).
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Le esperienze di "Shared
Care" |
La prima nazione dove
si è sperimentato e, quindi, sviluppato e affinato un sistema di shared care nella cura
del diabetico è stata lInghilterra. È da qui che possiamo trarre informazioni e
dati per poter avere indirizzi per la messa in pratica, anche in Italia di un progetto di
integrazione. Infatti, nel corso degli ultimi 20-25 anni, la cura del diabete, in
Inghilterra, si è lentamente, ma progressivamente spostata dal tradizionale CD a uno
schema di cura "integrata" tra questo e il Gp. Questo "passaggio" è
dovuto alla presenza di una struttura Ospedaliera oberata di compiti e, spesso, con
scarsità di personale e, sostanzialmente sempre più impossibilitata ed incapace di
"gestire" il sempre più gravoso carico di lavoro. Lindirizzo si limitava
a compiti di diagnosi e cura delle complicanze della malattia, ma non era attuato alcun
intervento circa la prevenzione e la promozione della salute (18-20).
Oggi, si sono aggiunte anche
"pressioni" di tipo politico e finanziario che stanno "invitando" e
auspicando la realizzazione di questo "passaggio" in aree sempre più vaste di
territorio nazionale (21).
Semplificando molto, in letteratura si
descrivono due principali "modelli" o schemi di shared care. Il primo, fu
descritto nel 1973 da Thorn P.A. (22) che introdusse il concetto di Mini-Clinics dove,
mensilmente un Gp dedica un tempo protetto, definito, organizzato ai soggetti diabetici. I
diabetici neo-diagnosticati vengono inizialmente trattati presso lospedale fino al
raggiungimento del buon e stabile compenso metabolico e, quindi, restano sotto la super
visione del loro Gp nelle Mini-Clinics. Malgrado il Gp possa fare richiesta di consulto
specialistico, non è previsto alcun momento di follow-up da parte del CD, almeno per
quanto riguarda il diabetico non-complicato. Alcune recenti indagini indicano che solo il
13-20% delle Practices (Centri di Medicina di Famiglia dove lavorano più Gps) utilizzano
questo tipo di schema (23).
Il secondo modello è quello più
propriamente definito "System of Shared-care" proposto da Hill R.D. (24), dove
tutti i Gps sono coinvolti nella gestione. I pazienti ricevono supporti educativi e
seguono un programma di educazione/istruzione. Ancora i neo-diagnosticati fanno
riferimento allospedale e quindi al proprio Gp il quale, con una regolarità
programmata e quando necessario, fa richiesta di consulto presso il CD.
I "modelli" hanno incontrato
laccettazione e lentusiasmo dei pazienti e dei medici che ne hanno preso parte
(24,25).
Possiamo formulare, allora dei giudizi
circa i risultati ottenuti da questi modelli comparandoli con gli schemi tradizionali di
gestione. Considerando più indicatori, sia clinico-metabolici che di compliance si è
rilevato, per il confronto Mini-Clinics versus CD una equivalenza dello standard delle
cure offerte (12) o perfino un miglior outcome nelle Mini-Clinics (14). Se compariamo il
modello "System of Shared care" versus CD o versus gestione "isolata"
del Gp, il nuovo modello era da preferire in particolare per il parametro
"compliance" dei pazienti agli accertamenti e al follow-up (15).
Dallanalisi degli studi pubblicati e
delle esperienze effettuate fin dai primi anni di introduzione dello schema "Diabetes
Shared Care" (1970-1985), possiamo ricavare alcuni capisaldi da tenere in
considerazione nellapplicazione di programmi di schemi integrativi: 1. Inadeguato
livello di cure offerte al diabetico in assenza di una "organizzazione specifica
diabetologica" nellambulatorio del Gp (7,26-28). 2. Elevato standard delle cure
in presenza di questa "organizzazione specifica diabetologica" supportata da
Specialisti coinvolti (7, 12). 3. Integrazione dei due "livelli" di qualità e
"ruoli" di cura nel "shared care scheme" (22, 29). 4. Punto questo di
estrema importanza il concetto delle "three Rs" registration, recall, and
regular review che alla fine degli anni 80 si è rivelato
"fondamento" per il trattamento e gestione delle malattie croniche in generale
(7).
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Lo stato dellarte in Italia |
Le considerazioni che
hanno portato, anche in Italia, ad imporre un coinvolgimento coordinato, sia delle
strutture Specialistiche che del Gp, nella gestione del paziente diabetico sono simili a
quelle inglesi degli anni 70 e possono essere così sintetizzate (6): 1"... La
natura della malattia ad alto tasso di prevalenza, le sue caratteristiche
dinteressamento multisistemico, spesso associata a malattie di rilevante
"peso" clinico
"; 2 Lafflusso non filtrato di pazienti che ha
congestionato e soffocato i CD, perché sempre più impegnati da un tipo di diabetici
stabili, esenti da complicanze, distogliendo tempo e risorse alla cura di quelli bisognosi
dassistenza propriamente secondaria; 3 Nella Legge 115/87 e nellAllegato 2 del
successivo Atto di Intesa Stato-Regioni, che rappresentano il sostegno legislativo per
lassistenza al paziente diabetico, cè un esplicito riferimento al Gp:
"... Ai fini di una corretta ed ottimale gestione della malattia diabetica deve
essere recuperata in forma estensiva la funzione del Medico di Medicina Generale che si
esplica a livello preventivo, diagnostico e nella conduzione della terapia..." (30).
Le suddette considerazioni hanno spinto i
rappresentanti delle Società Scientifiche Diabetologiche (AMD e SID) e dei Gp (SIMG) a
incontrarsi per realizzare un protocollo di gestione integrato che trovi soluzioni
adeguate alla nostra realtà socio-assistenziale, utilizzando al meglio le reciproche
competenze e ruoli.
Gli obiettivi del progetto possono essere
così riassunti (31): 1. Modello di gestione che coinvolga in maniera coordinata e
motivata i CD e i Gps. 2. Migliorare la qualità delle prestazioni offerte attraverso: una
facilitazione degli accessi sia nei CD che presso lo studio dei Gp e una migliore
professionalità degli operatori sanitari. 3. Definire attività, compiti e competenze dei
CD e del Gp. 4. Tracciare e applicare linee guida capaci di sfruttare al massimo i
reciproci ruoli. 5. Razionalizzare le risorse, migliorando lefficienza
nellassistenza al paziente diabetico. 6. Realizzare una ricerca
clinico-epidemiologica in campo diabetologico, con lo scopo di valutare le modificazioni
indotte dal nuovo modello di gestione integrata, utilizzando specifici indicatori.
Lattuazione del progetto richiede:
la Formazione continua dei Gp aderenti allo studio, la definizione dei compiti degli
Operatori Sanitari (Gp e Specialista), lapplicazione di linee guida, lutilizzo
di strumenti di comunicazione tra CD e Gps, la raccolta dei dati clinici ed epidemiologici
in records, una attenta verifica e revisione della qualità (VrQ) dei risultati e, molto
importante, una adeguata organizzazione dello studio del Gp.
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Tappe del progetto |
Lesperienza pilota di gestione integrata
ha avuto inizio nel 1993 tra un gruppo di Gps dellUSSL 75 di Milano e il CD
dellOspedale di Niguarda della stessa città. Nel 1994 si sono avuti i primi
incontri regionali tra i rappresentanti AMD, SID, SIMG. Nellottobre dello stesso
anno, si è tenuto a Milano il Convegno Regionale dal titolo "Il Paziente diabetico
tra Specialista e Medico Generale: verso una gestione integrata" che ha raccolto una
ampia partecipazione di Medici Diabetologi e Gps. Sin dal 1995 si sono costituiti i gruppi
provinciali di Gp, in collaborazione con i CD di riferimento, per la messa in pratica del
progetto stesso dopo discussione, analisi, a livello di ciascun gruppo, e approvazione
delle linee guida. Nel 1996 ha avuto reale inizio, almeno in alcune delle provincie della
Regione Lombardia, la collaborazione integrata. I primi dati, relativi a una realtà
operativa, sono stati presentati al II° Congresso Regionale Interassociativo della
Sezione Lombarda della SID e dellAMD (32). Gli Autori hanno concluso che
lesperienza merita di essere proseguita, malgrado abbiano rilevato una certa
difficoltà di adesione dei pazienti al follow-up e al rispetto del protocollo. Emerge,
anche in questa breve esperienza italiana (un anno), limportanza di introduzione di
un efficace "recall system". |
La visita diabetologica del NIDDM
gestito in modo integrato |
Nel protocollo di
monitoraggio ambulatoriale da parte del Gp (6), oltre a scadenze trimestrali, semestrali e
annuali (Tabella 1) cè un momento che riveste una rilevante importanza nel
"nuovo schema" affinché gli obiettivi precedentemente descritti si realizzino
compiutamente: la visita diabetologica. Questa deve essere, per ciascun paziente,
richiesta una volta allanno ed anticipata in situazioni particolari.
Ci piace fare riferimento allo schema di
gestione del RCGP (Tabella 2), che, pur non discostandosi significativamente dal
protocollo italiano, riflette, a mio giudizio, un background di organizzazione e di
consapevolezza di gestione da parte del Gp maggiore (5).
Tabella 1. Protocollo di monitoraggio
ambulatoriale, NIDDM gestito dal Medico di Famiglia
Ogni 3 mesi:
Glicemie orarie
HbA1c
Valutazione clinica (Peso, PA ecc.)
Ogni 6 mesi:
Microalbuminuria
Ogni anno:
Assetto lipidico
Funzionalità renale ed epatica
ECG
Visita Oculistica per fundus oculi
Visita Diabetologica*
*Visita diabetologica anticipata
in caso di compenso metabolico persistentemente inadeguato, malgrado gli aggiustamenti
terapeutici. |
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Tabella 2.RCGP - La richiesta di
Consulenza Diabetologica da parte del Medico di Famiglia I nuovi
Pazienti se la "Practice" non prevede una attività educativa/istruttiva
Soggetti che si
ammalano e il cui controllo metabolico si deteriora
Pazienti il cui controllo metabolico è difficile
Pazienti in cui deve essere considerato un trattamento insulinico
Pazienti con comparsa di nuove complicanze sia micro che angiopatiche
Pazienti con episodi recidivanti di ipoglicemia |
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Vantaggi per il paziente nel
sistema "Shared Care" |
Certamente la possibilità di avere il
proprio Gp che prende parte al sistema di gestione integrata comporterà dei significativi
vantaggi al paziente con diabete mellito con ripercussioni sulla compliance al follow-up e
alla cura. Hampson J.P. (16), recentemente li ha così sintetizzati: 1. Maggiore
familiarità con "lambiente sanitario", quindi maggiore compliance del
paziente soprattutto se il Gp si organizza con un "Doctor Office" (uso del
reflettometro, del colorimetro per la lettura delle strisce reattive per la determinazione
di glicosuria) presso il proprio ambulatorio eseguendo alcuni esami emato-chimici di primo
livello (glicemia, colesterolemia totale, Hdl-colesterolo, trigliceridemia, creatininemia
ecc.). 2. Riduzione dei tempi di trasporto per eseguire gli accertamenti. 3. Riduzione dei
tempi di attesa, in particolare se il Gp riceve su appuntamento e, più in generale, degli
inconvenienti legati alleventuale coinvolgimento di parenti o famigliari per il
trasporto stesso. 4. Maggior efficacia e attenzione degli Operatori Sanitari coinvolti
nello schema sugli aspetti preventivi, educativi e sul trattamento. |
Conclusioni |
La letteratura
internazionale dimostra che se la maggior parte degli "standard" o
"fattori" necessari per poter parlare di gestione integrata sono realizzati da
entrambi gli operatori sanitari coinvolti, i risultati dello schema di integrazione sono
buoni e il "sistema" è gradito da Medici e Pazienti (7). Infatti, alcune
esperienze di trials controllati e randomizzati sul sistema di integrazione falliti sono
nella realtà schemi di "shifted care" piuttosto che di "shared care"
(33), oppure, in trials non-randomizzati, non cera una formalizzazione dei compiti
del Gp (29) e quindi lassenza di un essenziale "fattore" di struttura
dello schema. Siamo fermamente convinti che il successo di un programma di "shared
care" dipenda in primo luogo dalla qualità e dallentusiasmo del personale che
ne prende parte e richiede la collaborazione e laiuto organizzativo e legislativo
del SSN.
Indagini condotte in Inghilterra (34,35)
identificarono che sia un certo pessimismo da parte del Gp, poco convinto che un suo
intervento potesse significativamente modificare il decorso della malattia diabetica nei
propri pazienti (lesperienza era di gestione integrata di soggetti con IDDM), sia la
"mancanza di tempo" rappresentarono le "barriere" maggiori di non
partecipazione del Gp al sistema di integrazione. Anche una resistenza al cambiamento da
parte dei pazienti fu, inizialmente, considerata una ulteriore difficoltà alla
realizzazione dello schema, ma lo studio condotto a Southampton (36) dimostrò che la
maggior parte dei pazienti divenne addirittura entusiasta una volta sperimentato il nuovo
schema integrato.
Membri del North Tyneside Team (37), distretto sanitario inglese con il 91% della
popolazione diabetica nota strutturata in uno schema di integrazione dove i Gps sono
supportati da un "hospital-based team" di tipo multidisiplinare medico e
non-medico, enfatizzano che loro hanno "un programma, non un protocollo". Questo
concetto è, a nostro avviso, estremamente importante perché galvanizza i partecipanti a
perseguire lobiettivo del loro programma, ma sottolinea la "convinzione"
e, ancora una volta, lentusiasmo degli Operatori Sanitari coinvolti nello schema
stesso.
Il principio di integrazione include
necessariamente il concetto della vicendevole stima dei Medici dellassistenza
primaria e secondaria, stima che viene raggiunta con la conoscenza reciproca dei distinti
ruoli, difficoltà, potenzialità operative.
Benett I.J. (10) scriveva: "È tempo per la Medicina Generale di asserire la propria
distinta identità e ruolo nella cura delle malattie croniche in generale, ma più
specificamente nel trattamento del diabete mellito".
In un prossimo futuro, con la speranza che
il protocollo di gestione integrata in Italia possa realmente essere conosciuto, compreso,
supportato e realizzato, sarà interessante una attenta, scrupolosa e analitica
valutazione dei due parametri di maggior interesse: la qualità della cura offerta ai
pazienti con diabete e i costi sostenuti per questa.
"La difficoltà non sta nelle idee
nuove, ma nellevadere dalle idee vecchie, le quali, per coloro che sono stati
educati come lo è stata la maggioranza di noi, si ramificano in tutti gli angoli della
mente". Questa affermazione di Keynes J.M. è, a nostro avviso, rassicurante e nello
stesso tempo stimolante.
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