Lipertensione arteriosa
si associa ad uno spiccato incremento della patologia cerebrovascolare, coronarica e
vascolare periferica nonché ad un incremento cospicuo dellincidenza di danno e
insufficienza renale. Numerosi studi di intervento hanno peraltro dimostrato che il
rischio ipertensione non è irreversibile, e cioè che se la pressione arteriosa viene
ridotta con la terapia, la morbilità e mortalità cardiovascolare ad essa associate
vengono ridotte. Trattare il paziente iperteso è dunque obbligatorio da parte del medico
e ciò è vero anche nel paziente anziano nel quale il beneficio della terapia è forse
ancora maggiore di quello del paziente giovane o di mezza età. Le seguenti sono alcune
semplici regole a cui il medico generalista (a cui spetta in prima battuta il compito di
identificare e curare i pazienti ipertesi) dovrebbe attenersi. 1. Il paziente iperteso o con sospetto di ipertensione va
sottoposto ad attenta anamnesi, esame obiettivo accurato e ad esami di laboratorio volti a
stabilire la natura (primaria o secondaria) dellipertensione, la presenza o meno di
danno agli organi bersaglio ed il profilo globale del rischio cardiovascolare. Questi
ultimi due aspetti sono importanti perché: a) un danno ad uno o più organi bersaglio è
presente in un notevole numero di ipertesi e b) gli ipertesi hanno più frequentemente dei
normotesi fattori di rischio cardiovascolari aggiuntivi come dislipidemia,
insulino-resistenza e/o diabete.
2. Gli esami di tipo diagnostico
vanno limitati al minimo perché nella maggioranza dei casi (circa il 95%)
lipertensione è di natura essenziale. Per difficoltà di carattere pratico ed
insufficiente informazione sul loro rapporto costo/beneficio un comportamento restrittivo
andrà anche adottato nei confronti degli esami relativi al danno dorgano e al
profilo globale di rischio. Gli esami obbligatori sono quelli elencati
nella Tabella 1-A. Ad essi si aggiungono alcuni esami facoltativi
che il medico potrà richiedere in funzione della necessità di ottenere ulteriori
informazioni in base al quadro clinico (Tabella 1-B).
3. I valori di
pressione arteriosa da prendere come riferimento devono essere quelli ottenuti a vari
minuti dallinizio della visita medica, ed è in realtà opportuno che essi
consistano nella media di almeno due misurazioni. Dovrà essere data importanza sia alla
elevazione della pressione diastolica (uguale o > 90 mmHg) sia a quella della pressione
sistolica (uguale o > 140 mmHg) perché, indipendentemente dalletà, ambedue le
pressioni rappresentano fattori di rischio cardiovascolari. La pressione potrà
normalmente essere misurata in posizione seduta e nella prima visita le rilevazioni
andranno eseguite ad ambedue gli arti. Nei pazienti anziani è importante ottenere
misurazioni anche in ortostatismo per individuare ipotensioni ortostatiche che sono
progressivamente più frequenti con lavanzare delletà. Misurazioni clino ed
ortostatiche sono comunque auspicabili sempre nel paziente in terapia.
4. Un paziente con valori
di pressione sistolica uguale o > 140 mmHg e/o diastolica uguale o > 90 mmHg andrà
sottoposto a modificazioni dello stile di vita capaci potenzialmente di un sia pur piccolo
effetto antipertensivo e comunque di migliorare il profilo di rischio cardiovascolare
agendo sui fattori di rischio concomitanti (Tabella 2).
Tabella 1.
Esami da richiedere al paziente iperteso
A
Esami obbligatori Emocromo
Glicemia
Creatininemia
Potassiemia
Colesterolemia totale
Esame urine (con sedimento)
Fondo oculare
Elettrocardiogramma
Rx del torace |
B
Esami facoltativi Ecocardiogramma
Ecocolor Doppler TSA
Monitoraggio ambulatorio PA
Microalbuminuria
Colesterolemia HDL
Trigliceridemia
Uricemia |
|
Tabella 2. Modificazione
dello stile di vita del paziente iperteso
Riduzione del peso corporeo (se
in sovrappeso)
Riduzione del sale nella dieta
Incremento dellattività fisica aerobica
Abolizione del fumo
Riduzione a livelli moderati del consumo di alcool
Incremento del contenuto dietetico di potassio
Adozione di dieta a basso contenuto di grassi saturi e colesterolo |
|
5. In presenza di danno
dorgano (inclusa lipertrofia ventricolare sinistra ecocardiografica) e/o di
almeno un fattore di rischio cardiovascolare aggiuntivo (Tabella 3) la
terapia non farmacologica andrà complementata da quella farmacologica. Lo stesso andrà
fatto in presenza di valori di pressione diastolica uguali o > 100 mmHg e/o sistolica
uguali o > 180 mmHg, dopo conferma dei valori elevati ad una seconda visita eseguita a
distanza di 2-4 settimane.
6. Se il paziente ha valori di
pressione tra 180 e 140 mmHg di sistolica e/o 90-100 mmHg di diastolica e non presenta
danno dorgano e/o fattori di rischio aggiuntivi, dovrà essere rivisitato almeno 2-3
volte nellarco di 3-4 mesi. Se i valori di pressione rimangono uguali o > 160/95
mmHg la terapia non farmacologica andrà complementata da quella farmacologica. In
presenza di valori pressori diastolici tra 90 e 95 mmHg e/o sistolici tra 140 e 160 mmHg
il paziente potrà essere seguito con il solo trattamento non farmacologico ma il
controllo dovrà essere più frequente che nella popolazione generale (almeno due volte
allanno). Sarà opportuno mantenere la terapia non farmacologica e incrementare i
controlli anche in quei pazienti che dopo 2-3 mesi hanno una spontanea riduzione della
pressione < 140/90 mmHg.
7. La strategia
farmacologica da adottare per ridurre la pressione arteriosa non è rigida,
lobiettivo essendo quello di ottenere comunque un buon controllo dei valori
pressori. Un trattamento di collaudata efficacia è peraltro quello di iniziare con un
solo farmaco, scelto tra le categorie dei diuretici tiazidici (eventualmente associati a
diuretici risparmiatori di K+), beta-bloccanti, calcioantagonisti, aceinibitori e
alfa-bloccanti. La scelta di una di queste classi dovrà basarsi sulla presenza/assenza di
controindicazioni ad una certa classe di farmaci, sulla coesistenza di altre condizioni
morbose, danno dorgano o fattori di rischio, sulla dimostrazione di benefici
maggiori in situazioni patologiche specifiche. Il farmaco iniziale andrà somministrato
per varie settimane e cambiato solo in presenza di effetti collaterali o assenza di
efficacia antipertensiva. In presenza di efficacia parziale sarà opportuno passare alla
associazione di due farmaci e poi (in mancanza di normalizzazione della pressione) di tre
farmaci, le combinazioni possibili essendo quelle indicate dalle linee-guida della
Società Italiana dellIpertensione. Tra i farmaci antipertensivi da impiegare in
monoterapia o in terapia di combinazione potranno essere considerati anche gli antagonisti
dellangiotensina II, che risultano interessanti soprattutto per il loro buon profilo
di tollerabilità, ma che, trattandosi di farmaci relativamente nuovi, necessitano ancora
di dimostrazioni dei benefici a lungo termine. Le strategie terapeutiche dovranno essere
simili nel paziente anziano, con laccorgimento di raggiungere le dosi terapeutiche
efficaci con più gradualità e cautela e di misurare sempre la pressione anche in
ortostatismo.
Tabella 3.
Fattori di rischio aggiuntivi nel paziente iperteso
Storia familiare di infarto e/o ictus
Insulino-resistenza
Diabete
Dislipidemia (colesterolemia >240mg/dl)
Fumo di sigaretta (>10 sigarette/die)
Pregresso infarto miocardico, ictus o TIA, angina pectoris
Ipertrofia ventricolare sinistra (elettro o ecocardiografica)
Retinopatia di II - III grado
Albuminuria
Arteriopatia degli arti
Creatininemia =1.5 mg/dl |
|
Tabella 4.
Problemi clinici e terapeutici
Sospetto di
ipertensione secondaria
Ipertensione resistente
Ipertensione severa o con gravi complicanze dorgano
Discrepanza tra dati clinici e danno dorgano |
|
8. Lobiettivo
terapeutico è in tutti i pazienti ipertesi (anche gli anziani) quello di ridurre la
pressione arteriosa < 140 mmHg di sistolica e < 90 mmHg di diastolica. Valori
inferiori dovranno essere raggiunti in pazienti ipertesi con nefropatia e diabete nonché
in pazienti ipertesi giovani. Valori superiori dovranno essere accettati solo in presenza
di seri effetti collaterali (dopo aver provato vari farmaci e combinazioni di farmaci) con
evidenza (più frequente nel paziente anziano) di ipotensione ortostatica sintomatica, e/o
con evidenza di ridotta perfusione di organi vitali (es. incremento della creatininemia).
9. Il trattamento dellipertensione
arteriosa deve avere una durata indefinita, perché è provato che se la diagnosi di
ipertensione è stata posta correttamente (e lintervento terapeutico non affrettato)
la pressione arteriosa risale ai valori iniziali dopo sospensione della terapia. Dopo
prolungato controllo dei valori pressori sarà però possibile molto cautamente ridurre le
dosi e/o il numero dei farmaci iniziali, controllando con visite ravvicinate la
persistenza di valori pressori normali. È assolutamente da evitare il rischio di una
risalita dei valori pressori in presenza di danno dorgano, inclusa lipertrofia
ventricolare sinistra ecocardiografica.
10. Poiché un grave problema corrente è
la scarsa aderenza (compliance) cronica alla terapia antipertensiva, il paziente iperteso
trattato andrà controllato spesso (due volte lanno almeno), e la sua motivazione al
trattamento stimolata e facilitata.
In caso di problemi clinici e terapeutici
che rendono difficile la gestione del paziente iperteso (Tabella 4) il
medico generalista dovrà rivolgersi allo specialista ipertensiologo, che potrà essere
linternista, il cardiologo, il nefrologo o lendocrinologo che abbiano
sviluppato esperienza clinica in una patologia multidisciplinare come lipertensione
arteriosa. Egli potrà anche in questi casi rivolgersi a Centri specializzati per la
diagnosi e cura dellipertensione arteriosa che sono anche i luoghi più idonei ad
eseguire gli esami sulla etiologia dellipertensione. Il medico generalista dovrà
peraltro orientarsi verso questi esami solo in caso di sospetto clinico di una forma di
ipertensione secondaria.
Bibliografia
1. Linee guida SIIA -
"Ipertensione e prevenzione cardiovascolare" High Blood Pressure vol. 4, n. 2,
Giugno 1997.
2. Linee guida OMS- ISH Hypert. News 1993.
3. The JNC Sixth Report - NIH Publication n. 98-4080 November 1997. |