Rivista
SIMG (www.simg.it) Il metodo in Medicina Generale Larticolo intende evidenziare le differenze metodologiche esistenti tra la prassi ospedaliera e quella territoriale. Si sottolinea come la medicina di famiglia subisca condizionamenti logistico-organizzativi, normativi e relazionali che possono spiegare la prevalenza del metodo per tentativi ed errori. Si ipotizza infine che sia il contesto territoriale a favorire levoluzione verso un metodo prevalentemente ipotetico-deduttivo rispetto a quello induttivo, più adatto ai problemi clinici e allambiente nosocomiale. |
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Introduzione |
Esiste una metodologia clinica valida in ogni circostanza? Le modalità di approccio ai problemi sono influenzate dai contesti organizzativi, al di là delle differenze di stile dei singoli medici? Quanto conta la formazione di base, quella specialistica o complementare in Medicina Generale? Esiste una modalità di approccio clinico peculiare della Medicina Generale? E se sì, quali sono le sue caratteristiche? Gregory Bateson, esponente del pensiero sistemico-ralazionale, ci fornisce un "attrezzo" concettuale utile per procedere nellanalisi: la differenza. La differenza è "un concetto molto peculiare ed oscuro, è unentità astratta e si produce nel corso del tempo"; la differenza è la base dellinformazione e un sinonimo di "idea" nella sua accezione più elementare. In sostanza "ciò che intendiamo per informazione (per unità elementare di informazione) è una differenza che produce una differenza" (1). Diversamente dalle cause del mondo fisico - dove agiscono oggetti e forze reali - nel mondo mentale si incontrano soprattutto differenze, ovvero relazioni immateriali tra fatti e cose. Bateson fornisce due esempi di differenza\informazione che - in quanto "zero è diverso da uno" - sono generate dal nulla: "una lettera che non viene scritta può ricevere una risposta incollerita e un modulo di dichiarazione di redditi che non viene compilato può indurre a una energica azione gli impiegati del fisco". Per rispondere ai quesiti sollevati allinizio partirò perciò dalla descrizione di alcune differenze\informazioni. |
Differenze tra ospedale e territorio | Le successive considerazioni
nascono da unesperienza di aggiornamento multimediale sulla patologia
neurodegenerativa. Si tratta di un videodisco, proposto da unazienda farmaceutica ai
medici di famiglia, che propone alcuni casi clinici. Un immaginario Medico Generale, dopo
una prima valutazione dei problemi cognitivi e comportamentali del paziente, attiva la
consulenza di un centro extra-ospedaliero di secondo livello. La differenza\informazione,
dalla quale scaturiscono le riflessioni sul metodo, è quella tra lapproccio del
geriatra immaginato nel caso clinico simulato - che riflette le modalità operative di chi
ha ideato lesperienza formativa multimediale - e quello del Medico Generale medio.
In sostanza lo specialista di fronte ai sintomi di decadimento cognitivo e comportamentale
consiglia al curante di ricercare, mediante la prescrizione di una batteria di esami,
tutte le potenziali cause del deterioramento demenziale, comprese quelle poco probabili o
rare. Egli va alla ricerca di ogni indizio utile per riconoscere la malattia. Adotta cioè
un metodo tendenzialmente induttivo nel senso che ricerca attivamente, mediante
accertamenti clinici e consulenze, le informazioni necessarie per la diagnosi, un po
come fa di routine ogni medico raccogliendo lanamnesi e rilevando i segni clinici.
Prescrive cioè una sorta di "chek-up" diagnostico che esplora ogni possibile
eziologia della sindrome osservata. Probabilmente un Medico Generale avrebbe avanzato,
dopo la rappresentazione del problema, alcune ipotesi diagnostiche, ordinate secondo
priorità statistico-epidemiologiche o sulla base dellesperienza. Poi avrebbe
prescritto gli accertamenti atti a confermare, o smentire, una o più ipotesi provvisorie
fino a giungere alla diagnosi corretta grazie ad una sorta di "andirivieni" tra
supposizioni ed accertamenti. Avrebbe cioè adottato un metodo tendenzialmente
ipotetico-deduttivo che seleziona via via le congetture che emergono nel corso del
ragionamento clinico; infatti sono gli esiti degli esami prescritti a retroagire
sullipotesi preliminare in senso positivo - con la conferma della stessa - o
negativo, cioè con la sua confutazione. Grazie a questultima si affermeranno altre
ipotesi, in precedenza accantonate perché ritenute poco probabili, innescando un nuovo
circuito selettivo. In realtà una "scrematura" di possibili diagnosi avviene,
per così dire, nella testa del medico dove lelaborazione\confronto tra informazioni
raccolte (dati epidemiologici, anamnestici ed obiettivi) e il repertorio di conoscenze
(schemi nosografici+esperienza) porta allabbandono di alcune ipotesi. In pratica si
tratta di testare, dapprima mentalmente e poi empiricamente grazie agli esami, il maggior
numero di entità nosografiche potenzialmente in grado di "adattarsi" al quadro
clinico osservato. In un certo senso il medico non fa altro che porre in competizione tra
loro le ipotesi provvisorie che gli vengono alla mente, durante la prima visita e nelle
successive tappe del percorso diagnostico; al termine "sopravviverà" quella che
più si adatta al caso concreto (2). In definitiva il procedimento diagnostico si avvicina
al meccanismo selettivo dellevoluzione biologica, basato su
generazione\proliferazione di mutazioni genetiche - nel nostro caso di ipotesi cliniche -
ed eliminazione delle meno adatte. Con una differenza fondamentale: le varianti
genotipiche hanno un carattere casuale e imprevedibile mentre la proliferazione delle
ipotesi fa riferimento ad un repertorio predefinito di diagnosi codificate (3). Al contrario il metodo tendenzialmente induttivo allarga il ventaglio degli accertamenti a tutte le possibili eziologie, ponendole sullo stesso piano, alla pari, cioè senza alcuna priorità. La mia tesi è che in Medicina Generale è quasi obbligatorio utilizzare il metodo deduttivo in quanto per motivi contingenti, logistico-organizzativi, spazio-temporali e relazionali sarebbe problematico effettuare ricerche a tappeto, cioè senza una selezione più o meno laboriosa delle ipotesi. |
Induzione, deduzione e selezione | In sostanza la differenza tra i due
approcci descritti è da ricondurre, con alcune eccezioni, al più ampio confronto
epistemologico tra metodo induttivo e deduttivo (3). Una regola per preferire una teoria scientifica ad unaltra è quella della semplicità o parsimonia: nella spiegazione di un fenomeno o nella formulazione di una teoria bisogna privilegiare quella che utilizza le ipotesi più semplici ed in minor numero, rispetto ad un procedimento più dispendioso e "barocco" (4). Il Medico Generale acquisisce, durante la formazione di base, una dimestichezza con il ragionamento induttivo che, sotto linfluenza del contesto epidemiologico extra-ospedaliero può evolvere verso un approccio diagnostico più interattivo, a gradini o a tappe, secondo flow-chart formali ed informali, frutto dellintreccio tra esperienza personale e indicazioni della letteratura. Forse lecologia della Medicina Generale - vale a dire lambiente socio-organizzativo territoriale - può indurre una sorta di evoluzione della metodologia diagnostica: si pensi per esempio al condizionamento dei tempi dattesa, alle procedure burocratico-amministrative legate agli esami, alla compartecipazione alla spesa richiesta al cittadino o alle difficoltà di accesso ai servizi di coloro che risiedono in località lontane da strutture sanitarie. Si può avanzare quindi lipotesi che lambiente selezioni, a causa dei suoi vincoli, il metodo più adatto alla prassi extra-ospedaliera - ossia quello per tentativi ed errori - che appare anche più parsimonioso, in senso proprio e figurato. Quello osservativo invece sarebbe più adatto al secondo livello, per motivi che esaminerò più avanti. In altri termini un metodo prevalentemente induttivo, che ricava le informazioni diagnosriche da osservazioni\accertamenti a 360 gradi, sarebbe improponibile sul territorio per i suoi peculiari condizionamenti. Non è un caso che esso si sia affermato e venga più facilmente adottato - con significative eccezioni - in ambiente ospedaliero dove, ad esempio, non esistono ricadute economico-organizzative sul paziente delle decisioni cliniche adottate. Va segnalato che la stessa legislazione sanitaria fa riferimento al metodo ipotetico: in Francia infatti sono state emanate norme legislative (le cosiddette RMO, référances medicales opposables) che consentono la prescrizione di test diagnostici solo in presenza di segni clinici o sintomi di fondato sospetto (9). |
Vincoli e possibilità | Ma è possibile ipotizzare che
lambiente selezioni un metodo piuttosto che un altro, come accade per le specie
animali o vegetali? Per Karl Popper le pressioni ambientali, che escludono gli organismi meno adatti, sono analoghe ai problemi teorici irrisolti per i quali si deve trovare, mediante ipotesi provvisorie da sottoporre a tentativi di falsificazione, una nuova soluzione. Solo con "leliminazione dellerrore che è anche chiamata selezione naturale" - cioè mediante labbandono dei tentativi provvisori "malamente adattati" - si giunge a formulare una nuova teoria (5). In altri termini nel corso dellevoluzione scientifica sopravvivono, cioè sono validate e tramandate, quelle teorie che hanno resistito ai tentativi di confutazione logica e sperimentale, dimostrandosi così più adatte e resistenti allambiente (inteso come comunità scientifica che esercita la critica razionale). Da unaltra prospettiva le scienze evolutive negli ultimi decenni hanno progressivamente sostituito la nozione di legge deterministica, che governa rigidamente il cambiamento spazio-temporale dei fenomeni naturali, con il concetto più sfumato di vincoli, entro i quali si esplica una storia naturale aperta ad esiti che non possono essere predeterminati (6). Accanto ai vincoli anche lidea di necessità è stata reinterpretata in termini di possibilità, non date a priori ma generate "ricorrentemente nel corso della storia naturale in modo discontinuo e imprevedibile" (7). Tra vincoli e possibilità non esiste una esclusione reciproca ma una dialettica in quanto i vincoli "sono da interpretare non soltanto come limiti del possibile, ma anche come condizioni di nuovi possibili". Si delinea così "una storia della coproduzione e della coevoluzione reciproca delle possibilità e dei vincoli, che oggi si rivela il riferimento più adeguato agli odierni sviluppi delle scienze evolutive e cliniche" (7). Visti alla luce di queste considerazioni i condizionamenti del contesto territoriale si possono rivelare anche possibilità che favoriscono levoluzione dal metodo induttivo a quello ipotetico-deduttivo. Infine lipotesi che lambiente selezioni la metodologia clinica del Medico Generale viene indirettamente confermata da ricerche sociologiche sulla competenza professionale: "lambiente del compito (persone, oggetti, informazioni) assume un ruolo costitutivo nellesecuzione competente di attività pratiche" in quanto "i sistemi dazione di un attore competente integrano ciò che lambiente richiede"(8). |
Limiti ed eccezioni |
Ovviamente metodo induttivo ed
ipotetico-deduttivo non vanno contrapposti in modo dualistico ma visti in relazione ai
casi concreti e contingenti. Esistono situazioni che limitano la portata del secondo e giustificano invece la prevalenza di un approccio osservativo, anche in sede extra-ospedaliera. Ad esempio di fronte a sintomi come astenia, febbre o calo ponderale, in assenza di obiettività clinica, è giocoforza prescrivere accertamenti a tappeto e alla cieca, al fine di pervenire induttivamente alla diagnosi o ad ipotesi provvisorie. In altri termini i sintomi aspecifici non permettono la formulazione di ipotesi verosimili - cioè a priori più probabili di altre - e rendono indispensabile il ricorso preliminare agli esami di laboratorio. In pratica sfuma la differenza tra osservazione ed ipotizzazione. Analogamente si appiattiscono i due livelli informativi: le informazioni di base (ovvero quelle anamnestiche e obiettive, che "processate" generano le ipotesi provvisorie) si confondono con quelle di II livello, vale a dire gli esiti degli esami che solitamente retroagiscono sulle ipotesi provvisorie. In pratica il sintomo aspecifico genera "meccanicamente" una lista di ipotesi equiprobabili (cioè non gerarchizzate), ognuna delle quali dovrà essere testata da uno specifico accertamento strumentale. Vi sono inoltre altre motivazioni che inducono il medico a prescrivere indagini senza una preventiva selezione di ipotesi, vale a dire: a) il rischio di incorrere in accuse di malapratica per omessa prescrizione di esami, in particolare per le diagnosi di esclusione; b) la cosiddetta patologia "silente" o asintomatica; c) le condizioni biologiche di rischio che indicano una probabilità a priori di malattia (ad esempio dislipidemie o iperglicemia); d) i limiti informativi intrinseci della semeiotica medica classica. Infine di fronte a casi "difficili", urgenti o per necessità di ricerca - particolarmente in strutture di II livello - può essere necessaria la prescrizione di esami a tappeto, al fine di giungere ad un orientamento diagnostico di massima o desclusione: si pensi ad esempio ai gravi deficit immunitari, osservati nella prima metà degli anni Ottanta, ed in seguito attribuiti al virus HIV. |
Conclusioni | Le considerazioni fin qui svolte hanno messo
in luce come il metodo ipotetico-selettivo possa fornire una chiave interpretativa del
procedimento clinico in Medicina Generale. Vorrei rimarcare, in conclusione, che il termine selezione è stato utilizzato per descrivere due distinti processi: 1) leliminazione delle ipotesi diagnostiche durante il ragionamento clinico, cioè a livello cognitivo individuale; 2) la prevalenza del metodo ipotetico su quello induttivo, a causa dei vincoli di contesto, in quanto esso consentirebbe un accoppiamento cognitivo (8) "ecologico" più complesso, vale a dire tra professionista, paziente, problema clinico ed ambiente socio-organizzativo. |
Bibliografia | 1. Bateson G., Verso unecologia della mente,
Adelphi, Milano, 1977 2. Simon H. A., Le scienze dellartificiale, Il Mulino, Bologna, 1989. 3. Antiseri D., Teoria unificata del metodo, Liviana, Padova, 1981 - Wulff 4. H.R., Pedersen S.A., Rosemberg R., Filosofia della medicina, R. Cortina, Milano, 1994 5. Popper K.R., La logica della scoperta scientifica, Einaudi, Torino, 1975 6. Popper K.R., Il mito della cornice, Il mulino, Bologna, 1995 7. Ceruti M., Il vincolo e la possibilità, Feltrinelli, Milano, 1985 8. Bertolini G., Ceruti M., "Identità e cambiamento, un capovolgimento ontologico", in AA.VV., Diventare medico, Guerini & Associati, Milano, 1994 9. Lanzara G. F., Capacità negativa, Il Mulino, Bologna, 1993. 10. Passerni G., Prescrivere al risparmio: preziosi consigli di stampo illuminista, Occhio Clinico, 1/1996. |