La polmonite oggi

Rivista SIMG (www.simg.it)
Maggio 1998

Le polmoniti acquisite in comunita'
G.Ventriglia
Medico Generale - Brescia
G.Bettoncelli Medico Generale - Torino

A qualcuno potrà sembrare singolare che al giorno d’oggi - in epoca di potenti e numerosi antibiotici - si discuta della polmonite acquisita in comunità (CAP) come di un problema, specie se si considera il clamoroso mutamento della prognosi di questi pazienti, la cui mortalità è crollata dall’83% del quinquennio 1929-1934 al 13% del decennio 1953-1962 (Austrian e Gold, Boston 1964).
Eppure sono ancora numerosi i problemi aperti.

 "La polmonite - nonostante la disponibilità di potenti antibiotici -
continua a rappresentare un importante problema di salute"
(J.L. Stauffer, Current 1996)

Infatti:
- la morbilità per CAP rimane comunque considerevole;
- la mortalità, insidiosa perché non sempre prevedibile al primo impatto, si è comunque attestata su percentuali non trascurabili e, soprattutto, non ha fatto registrare oscillazioni di rilievo negli ultimi anni, nonostante gli indubbi progressi diagnostici e terapeutici;
- le manifestazioni cliniche delle polmoniti tendono ad assumere espressioni e comportamenti estremamente variabili, tanto da rendere non facile una classificazione semplice e condivisa;
- sono ancora molto elevati i costi di questa malattia: quelli diretti (spese sanitarie per prevenzione, diagnosi e cura), quelli indiretti (mortalità prematura, giornate di lavoro perse), quelli psico-sociali non facilmente definibili ma rilevanti, infine i costi in termini di aumento delle "resistenze" microbiche con i conseguenti problemi terapeutici;
- ai patogeni tradizionalmente noti come agenti responsabili se ne stanno aggiungendo altri cosiddetti emergenti o insoliti; va poi aggiunto l’elevato numero di polmoniti che restano etiologicamente "orfane" a dispetto delle più raffinate tecniche diagnostiche;
- l’andamento di questa patologia è fortemente influenzato da numerosi fattori quali l’invecchiamento della popolazione, la frequenza di viaggi e contatti con Paesi lontani, le emigrazioni, i deficit immunitari legati a patologie intercorrenti, ad abitudini voluttuarie (fumo, alcool), ad interventi terapeutici.

La polmonite nel contesto della Medicina Generale   È ormai un dato consolidato che le patologie respiratorie sono tra le prime cause di consultazione del medico generale, in particolare le patologie acute delle alte vie aeree e, meno frequentemente, quelle croniche (Asma, Bronchite cronica, BPCO).
Anche in questo campo la mancanza di dati concernenti specificamente la medicina generale resta un grosso problema, con la conseguente necessità di fare riferimento alle casistiche ospedaliere che certamente non riflettono in modo fedele la realtà del problema.

Va infatti considerato che:
1. il comportamento dei Medici Generali circa l’ospedalizzazione di questi pazienti resta un elemento variabile (per cultura, esperienza, disponibilità di ospedali, tipologia di pazienti ecc.);
2. la quasi totalità dei pazienti con infezioni delle prime vie aeree viene comunque trattato e tenuto a domicilio, così come un gran numero di quelli con CAP;
3. il trattamento precoce delle infezioni delle alte vie aeree probabilmente impedisce in molti casi un possibile successivo interessamento delle basse vie (uno dei meccanismi principali infatti è "l’aspirazione" dei patogeni).

Di certo in Medicina Generale:
- l’incidenza delle CAP è relativamente rara;
- raro è il ricorso all’esame radiologico;
- ancor più rara è la richiesta di esami batteriologici specifici.

Ne deriva che per il medico di famiglia la diagnosi è molto spesso presuntiva e che anche la correlata terapia antibiotica resta di tipo empirico, anche se sarebbe meglio dire "ragionato", ossia impostata sulla base di parametri di riferimento quali l’età e le caratteristiche biologiche del paziente, la sua storia clinica passata e recente, le eventuali terapie in corso, il microrganismo più probabilmente in causa.

L’approccio diagnostico   Un autorevole accreditamento di questo modello di approccio al problema deriva dalle linee-guida pubblicate dall’American Thoracic Society nel 1993 che in effetti prendono in considerazione:
a) età del paziente
b) ospedalizzazione
c) gravità della malattia
d) presenza di malattie concomitanti

Un altro riferimento è costituito dalla ESOCAP (ERS Annual Congress, Nice 1994) che distingue:
a) polmoniti tipiche non complicate
b) atipiche
c) a rischio
d) gravi
e) con caratteri specifici (legionella, cavitarie, aspirative)
f) non sensibili a terapia

In pratica al Medico Generale è sempre utile partire da una prima distinzione: polmoniti "nosocomiali" (ovvero acquisite in ambiente ospedaliero) e polmoniti "acquisite in ambiente extra-ospedaliero (polmoniti "di comunità" o CAP).
Questo consente fin dall’inizio di individuare due categorie di pazienti per i quali sono ipotizzabili a priori etiologie differenti e quindi trattamenti "ragionati" differenti.
L’impegno del Medico Generale è rivolto naturalmente in modo pressocché esclusivo alle CAP, in quanto le altre presentano problematiche complesse e fattori di rischio notevoli.
I pazienti con CAP possono poi essere riclassificati secondo i suddetti suggerimenti dell’ATS o della ESOCAP, in grado di fornire indicazioni sia sulla decisione concernente l’opportunità o non di ricoverare il paziente, poi sullo schema terapeutico da preferire.

Agenti microbici responsabili   Nelle CAP gli agenti microbici responsabili non sono numerosi e possono essere considerati abbastanza "stabili": la tabella 1 ne propone un elenco in ordine di frequenza di comparsa.

Tuttavia in una proporzione di casi variabile - a seconda degli Studi - dal 25 al 50%, non si riesce ad identificare l’agente etiologico e, d’altro canto, la stessa incidenza dei primi cinque patogeni elencati nella tabella varia in modo rilevante da un anno all’altro, da un Paese all’altro ed in funzione della stagione, dell’età e del tipo di paziente (Neuman, 1996).

A nostro parere, vanno comunque sempre tenute presenti le seguenti considerazioni:
1. le associazioni di virus e batteri sono relativamente frequenti nei casi di polmoniti influenzali
2. nei soggetti giovani l’incidenza di Mycoplasma Pneumoniae arriva sino al 40%
3. negli anziani Stafilococchi ed Enterobatteri aumentano d’incidenza
4. nei bambini e nei soggetti con bronchite cronica l’Haemophilus Influentiae compare spesso
5. nei diabetici e nei casi di sovrainfezione influenzale prevale lo Stafilococco
6. negli etilisti sono frequenti le forme ab ingestis e compare spesso la Klebsiella
7. la Legionella Pneumoniae è presente nel 5-10% dei casi, ma la frequenza è maggiore se si considerano i casi ad evoluzione grave.

Le polmoniti acquisite in ospedale sono spesso provocate da bacilli gram-negativi, in particolare Klebsiella, Enterobacter, Serratia, Acinetobacter, Pseudomonas Aeruginosa ed anche dallo Stafilococco Aureo.
È appena il caso di ricordare che la tubercolosi e la polmonite da Pneumocystis Carinii devono essere prese in considerazione nella diagnosi differenziale, soprattutto in relazione alla tipologia del paziente (The Medical Letter, 1996).
In Medicina Generale la maggior parte, se non la totalità dei casi di infezioni bronco-polmonari, viene trattata prima di poter disporre di test microbiologici. Ne deriva che la diagnosi e la terapia devono basarsi esclusivamente su criteri clinici, epidemiologici e, in qualche caso, radiologici.

Anche prescindendo, ovviamente, dalle tecniche diagnostiche invasive, i motivi del pressoché nullo ricorso alla ricerca microbiologica in Medicina Generale sono da ascriversi sia a problemi di difficoltà di esecuzione e di attendibilità, sia ad aspetti organizzativi (conservazione e trasferimento dei campioni in laboratorio), sia al fatto che i prelievi andrebbero eseguiti prima dell’inizio di qualsiasi terapia antimicrobica, il che poco si concilia con i tempi e l’organizzazione dell’assistenza sul territorio.

Solo per amore di completezza richiamiamo nella tabella 2 le principali tecniche di diagnosi microbiologica.

La diagnosi in Medicina Generale   Si è già detto che la diagnosi di polmonite in Medicina Generale è spesso possibile solo su base presuntiva e un’infezione delle basse vie respiratorie può restare spesso misconosciuta in ragione di una sintomatologia che spesso è scarsa ed aspecifica (sono pochi i casi in cui il "livello clinico" di gravità soggettiva ed obiettiva orienta la diagnosi!). Siamo inoltre convinti che in molti soggetti sospetti o, per così dire, borderline una terapia antibiotica tempestiva finisca per stroncare la malattia in fase precoce se non addirittura per prevenirla.

Con tutte le cautele del caso e senza dimenticare la possibilità di eccezioni, si può comunque considerare che:
1. nelle polmoniti batteriche sono comunemente presenti febbre, anoressia, malessere, tosse produttiva con espettorato purulento, dispnea; spesso brivido franco e dolore pleurico;
2. cefalea, mialgie, artralgie, vomito, dolore retrosternale possono accompagnare un’infezione bronchiale, ma anche una polmonite da Micoplasma, Virus o Legionella;
3. l’interessamento dei lobi inferiori o delle basi polmonari può generare sintomi tipici di un’affezione gastroenterica;
4. la polmonite da Pneumococco ha sovente un esordio improvviso con febbre talora preceduta da brividi, tosse e dolore pleurico; salvo naturalmente i casi a decorso subdolo;
5. negli anziani e nei soggetti defedati (ma anche nei soggetti normali in cui sia stata effettuata una terapia antibiotica inadeguata) la febbre può essere assente o modesta;
6. tachipnea, retrazione degli spazi intercostali, ipomobilità e movimento paradosso dell’emitorace, ipofonesi, ego-broncofonia, rantoli, respiro bronchiale, sono tutti segni da ricercare valutandone l’evoluzione nel tempo; importanti i segni di un’eventuale pleurite associata (con versamento o sfregamenti);
7. la valutazione dell’espettorato può essere d’aiuto (quantità, modalità di emissione, colore, odore, presenza di sangue);
8. attenzione allo stato generale del paziente soprattutto se anziano, allo stato di coscienza (ipossiemia), alla influenza di malattie concomitanti; nella polmonite pneumococcica o da batteri Gram-negativi compare talvolta ittero.

Il Medico Generale, in presenza di infezione dell’apparato respiratorio, raramente ricorre in prima istanza all’esame radiologico del torace, sia per le difficoltà logistiche legate allo spostamento del paziente, sia per la scarsa rilevanza dell’esame nelle fasi molto precoci della malattia. La presenza di infiltrati, di addensamento lobare, di focolai broncopneumonici singoli o multipli, talora associati a versamento pleurico, sono ovviamente patognomonici. Un aspetto importante da rammentare è che i segni radiologici della polmonite possono comparire tardivamente rispetto all’esordio clinico, e scomparire tardivamente rispetto alla risoluzione clinica della malattia.
La conta dei globuli bianchi evidenzia spesso una leucocitosi con aumento dei neutrofili immaturi come segno di infezione acuta. Una leucopenia può essere invece legata ad infezione virale o da gram-negativi.

Quali pazienti ospedalizare?  Ferma restando l’opportunità di valutare questo aspetto caso per caso dal momento che la maggior parte dei pazienti può essere trattata con successo a domicilio, in presenza di alcuni fattori può essere consigliabile una particolare cautela. Fine, in un lavoro pubblicato sull’American Journal of Medicine nel 1990, propone anche una sorta di score per la valutazione del rischio di mortalità a 6 settimane dei pazienti con polmonite. Al di là delle valutazioni numeriche, proponiamo un elenco degli elementi utili al medico generale per decidere sull’opportunità di un ricovero ospedaliero.

1. Età >65 anni
2. Frequenza cardiaca >120-140/min
3. Ipotensione arteriosa con comparsa di cianosi
4. Leucocitosi marcata (GB >30.000/mm3)
5. Segni di ipossia
6. Coesistenza di malattie croniche (diabete, cardiopatie, alcolismo, BPCO ecc.)
7. Coesistenza di neoplasie o emolinfopatie (escluse quelle della cute)
8. Coesistenza di problemi neuropsichiatrici (esiti di vasculopatie cerebrali con difficoltà di deglutizione o di respirazione; confusione mentale)
9. Carenza di assistenza domiciliare.

La tabella 3 elenca le condizioni alle quali più frequentemente è associato un deficit immunitario.

 L’approccio terapeutico   Ai pazienti con CAP che si decide di trattare a domicilio si consiglieranno il riposo a letto, un congruo apporto di liquidi, il controllo della febbre con antipiretici. In mancanza di dati microbiologici, l’età e le condizioni associate possono suggerire una ipotesi etiologica su cui basare la scelta terapeutica "ragionata". Come Medici Generali abbiamo trovato del tutto condivisibili le linee guida suggerite dalla American Thoracic Society fin dal 1993 (Tab. 4).

Si rammenti inoltre che le Polmoniti batteriche acquisite in ospedale sono più spesso sostenute da agenti quali Klebsiella, Enterobacter, Serratia, Acinetobacter, Pseudomonas Aeruginosa, Staphylococco Aureus. In questi pazienti si impiegheranno in prima istanza farmaci più attivi contro tali patogeni:
• Cefalosporine di 3° generazione (cefotaxima, ceftizoxima, ceftriaxone, rammentando che queste ultime hanno attività limitata sullo Pseudomonas)
• ceftazidima - attività minore su stafilococco ed altri gram+
• ticarcillina-ac.clavulanico, imipemen, associati o non con un aminoglicoside

A livello preventivo, valgono norme quali:
1. Counselling per la sospensione del fumo
2. Mobilizzazione e ginnastica respiratoria per i pazienti affetti da broncopneumopatie croniche o degenti a letto per periodi prolungati
3. Vaccinazione anti-influenzale, rammentando che cardiopatici, broncopneumopatici cronici, pazienti immunodepressi e residenti in case di riposo o altre comunità per anziani sono soggetti ad alto rischio di complicanze polmonitiche post-influenzali
4. Vaccino antipneumococcico (in letteratura si trovano dati discordanti di efficacia)

La prognosi attesa   In assenza di complicanze e dopo una efficace terapia, la detersione del focolaio polmonare avviene mediamente nell’arco di 6 settimane, ma è possibile che necessiti di un tempo maggiore; più veloce l’evoluzione nei giovani non fumatori con infiltrati localizzati. In caso di persistenza di un addensamento dopo 6 settimane è opportuno approfondire l’iter diagnostico e considerare anche l’eventualità di una neoplasia associata.
Bibliografia   1. American Thoracic Society: Guidelines for the initial management of adults with Community-Acquired Pneumonia: Diagnosis, assessment of severity, and initial antimicrobial therapy. Am Rev Respir Dis 1993; 148:1418.
2. Pomilla PV, Brown RB: Outpatients treatment of community-Acquired Pneumonia in adults. Arch Intern Med 1994; 154:1973
3. Stauffer JL: Pneumonia. In: Current Medical Diagnosis & Treatment, Lange, 1996