COMUNICATO STAMPA
COSTI E SALUTE NELLA SANITà ITALIANA: NON PIÙ UN DIFFICILE CONNUBIO?
Claudio Cricelli – Presidente della Società Italiana di Medicina Generale
Vincenzo Atella – Professore Associato di Economia – Direttore CEIS Tor Vergata – Università Tor Vergata
Il nesso tra le prestazioni sanitarie richieste dai medici ed erogate dal Sistema Sanitario, pubblico e privato, è da tempo oggetto di studi e analisi, che nel tempo hanno dato luogo ad una letteratura molto ampia e approfondita. Ciò che alcuni di questi studi cercano di comprendere è, tra l’altro, il rapporto tra bisogno reale del paziente e la richiesta di prestazioni erogate (appropriatezza clinica), il costo degli interventi di cura disponibili (costo efficacia) e il costo delle cosiddette prestazioni evitabili. Più recentemente, grazie alla disponibilità di dati e informazioni, alcune analisi sono state condotte anche sulle procedure e gli strumenti che consentono ai professionisti di prendere decisioni allocative di tipo “micro” in modo ottimale (le singole scelte terapeutiche per i singoli pazienti) in modo compatibile con i vincoli macroeconomici imposti dai decisori politici (tetti di spesa).
Quest’ultimo aspetto è una delle novità più interessanti nel campo dell’economia sanitaria e della gestione macroeconomica della spesa, che potrebbe aprire una nuova interessante fase nei rapporti tra decisioni “macro” a livello centrale e interventi “micro” a livello locale. In tal modo si potrebbe anche provare a risolvere l’annoso problema del governo della nostra sanità che è sempre stata attenta sui livelli di “output” (quantità di prestazioni, beni e servizi erogati) e non, invece, sui livelli di “outcome” (la quantità di salute prodotta). In altri termini, si è sempre chiesto di rispettare dei tetti di spesa (output), senza alcun rapporto con le reali esigenze di salute di ciascuna persona (outcome).
Infatti, ciò che realmente determina l’appropriatezza e l’utilità della decisione clinica non è tanto il valore dell’assorbimento di risorse (“quanto costa”), quanto piuttosto il risultato del processo di cura che scaturisce da singole decisioni allocative adottate. Invece, con il semplice controllo dei tetti di spesa sul farmaco si finisce col premiare i bassi prescrittori, considerandoli virtuosi indipendentemente dai risultati clinici ottenuti. Paradossalmente, si tende quindi a ritenere i medici virtuosi per la loro capacità di NON PRESCIVERE farmaci, esami, visite specialistiche e ricoveri, piuttosto che per i risultati e i miglioramenti clinici che scaturiscono dalle loro decisioni. Non avrebbe quindi importanza verificare che ogni singolo farmaco per l’ipertensione, la cura dei rischi cardiovascolari, il trattamento delle patologie respiratorie e così via, raggiungano il risultato atteso di diminuire la mortalità, le complicanze, gli eventi prevenibili attesi e di modificare il profilo di rischio del paziente. L’unica cosa importante sarebbe il contenimento della spesa.
La sostanziale incomprensione tra decisori politici (“macro”) e la logica e la prassi della decisione clinica (“micro”) ha generato nel tempo una totale sfiducia nei confronti della collaborazione programmatoria con i medici e le strutture cliniche. Il risultato più nefasto di tale incomprensione è rappresentato dalla sostanziale convinzione che l’unico strumento percorribile per il contenimento della spesa sia quello di definire TETTI di prestazioni, di costo delle prestazioni, di liste di preferenza delle prestazioni a minor costo, e, a conti fatti, di spostare i consumi dal SSN al privato, nella convinzione che le prestazioni pagate out-of-pocket, siano sostanzialmente non necessarie o poco utili e che il SSN sia il regno dell’appropriatezza e del rigore.
In assoluto questo teorema non è vero semplicemente perché non è dimostrabile o al massimo è dimostrabile il suo contrario.
I mezzi per intervenire e dimostrare che tale teorema non è vero esistono e sono già largamente diffusi nella professione medica, che fa uso di strumenti di analisi della decisione clinica, in grado di comparare non solo i percorsi e le decisioni più efficienti, ma di profilare la popolazione del Paese in base a elementi di rischio, e di allocare le risorse esclusivamente sulla base del fabbisogno di salute. Ciò dà la possibilità al medico di adottare sempre strategie di trattamento più efficaci e più efficienti, avendo come riferimento lo stato di salute di ogni singolo individuo e nella consapevolezza di sapere quanto tale salute è costata (“value for money”) e non, invece, solo il riferimento del tetto imposto a livello macro.
Per poter arrivare a questi risultati è, però, necessario avere una conoscenza approfondita di questi strumenti ed essere in grado di dare risposte certe e positive ad alcune fondamentali quesiti:
- E’ possibile affiancare le decisioni macroeconomiche a quelle microeconomiche, considerando che si tratta di governare centinaia di milioni di decisioni micro-allocative (esami, farmaci, visite, ricoveri) e valutarne l’utilità, l’efficacia e il risultato pesato per unità allocata?
- E’ possibile fidarsi dei medici, attribuendo loro un ruolo primario nella determinazione delle esigenze cliniche, della valutazione pesata dei loro clienti (case mix, pesatura dei rischi, indici di Charlson, HSI ecc.) della appropriatezza delle risorse allocate e assorbite?
- E’ possibile che i medici siano “verificabili” (accountable) per l’insieme e il dettaglio delle loro decisioni (anche di tipo economico) e che accettino di essere verificati nel merito e nel metodo delle loro scelte di trattare?
- E’ possibile che tali strumenti di Audit Clinico, di Governance e di controllo allocativo in rapporto ai risultati ottenuti esistano nella realtà del Nostro Paese, siano utilizzabili e utilizzati dai professionisti e che i risultati del loro uso siano concretamente visibili e facilmente governabili dall’autorità sanitaria del Paese (problema della certificabilità)?
- E’ possibile ottenere UN CRUSCOTTO di sistema che consenta a vari livelli il controllo in tempo reale dei comportamenti e un intervento programmato che salvaguardi la qualità dell’intervento necessario senza un razionamento acritico che danneggi i cittadini senza eliminare gli sprechi?
- E, infine, quale è il costo di questi strumenti qualora si volessero adottare e utilizzare, ed in quanto tempo essi possono essere diffusi, utilizzati dai medici e condivisi con l’autorità sanitaria?
Grazie al lavoro e alle capacità professionali di molti professionisti oggi in Italia siamo in grado di rispondere in modo positivo a tutte queste domande poiché tali strumenti esistono e rispondono a gran parte delle esigenze di governance clinico-economiche del sistema. Inoltre, sono molti i medici che hanno deciso, a proprie spese, di dotarsi di tali strumenti con i quali stanno costruendo percorsi virtuosi alla ricerca di un esercizio della professione che unisca le evidenze scientifiche, il rispetto per la salute dei cittadini e le esigenze di sostenibilità del SSN e del Paese.
Purtroppo, come per tutti i processi di sussidiarietà presenti nel nostro Paese, in passato l’autorità politica economica e quella sanitaria hanno mostrato un profondo malcelato sospetto, mancanza di fiducia, scetticismo e disinteresse nei confronti degli strumenti di governance microeconomica del sistema ideati e realizzati da terze parti, trascurando il loro crescente sviluppo e diffusione tra i medici e la loro crescente verificabile efficacia.
Di fronte a una tale deriva macroeconomica del sistema, che impone di ragionare principalmente per vincoli di spesa, ci siamo sentiti in dovere di segnare all’attenzione dei decisori politici l’esistenza di un’alternativa molto promettente in termini di gestione del sistema (e non solo della spesa). Anche perché, e sfidiamo chiunque a provare il contrario, i risparmi che avremo tagliando ciecamente risorse alla sanità li dilapideremo nei prossimi anni a causa di una popolazione che godrà di una salute peggiore, in barba a tutti i criteri di sostenibilità di cui tanti amano discutere. Inoltre, l’attuale criterio che ispira la “spending review” in sanità non farà altro che lasciare che siano poi i professionisti e gli amministratori sanitari locali a risolvere conflitti, a livello locale.
Riteniamo, quindi, sia ormai inderogabile la decisione di adottare strumenti che già esistono che partendo dal bisogno del singolo paziente, individuino gli interventi più appropriati e virtuosi e siano in grado di indirizzare i professionisti verso scelte efficaci in termini di risultati clinici a breve e medio termine. Ciò avrebbe anche l’ulteriore vantaggio di riuscire a valutare implicitamente l’efficacia del professionista e la qualità delle cure erogate, portando così il sistema verso soluzioni di “payment for performance”, che premino in maniera differenziata i singoli professionisti non sul risparmio astratto e indeterminato della spesa, ma sulla reale capacità di rimodulare i costi in rapporto all’efficacia clinica degli interventi.