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La Fiera delle ovvietà

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E’ ricominciato il tormento. Ospedale e territorio, cosa ci insegna  Covid, cosa deve cambiare, cosa non ha funzionato, perché la medicina generale non era pronta e preparata. Una valanga di ovvietà che sono scritte, paradossalmente, proprio da chi dovrebbe conoscere bene la risposta a questi altrimenti retorici e scontati quesiti.

Di questo tormento noi subiamo purtroppo  l’impatto attraverso decisioni astruse e incomprensibili. Che dimostrano una sola cosa: malgrado tutti gli sforzi, l’esperienza  di 40 anni, le evidenze accumulate, la straordinaria crescita qualitativa della nostra professione, pochi o nessuno ha realmente compreso che cosa è realmente la Medicina Generale dei sistemi sanitari moderni, a cosa serve e come possa essere utilizzata al meglio.

Prendiamo il caso di Covid-19.

La lettura DELLA PANDEMIA  è una lettura da guerra di trincea. Gli ospedali e le terapie intensive hanno retto l’impatto, l’autorità sanitaria ha reagito prontamente, aumentando a dismisura i reparti Covid e i posti in terapia intensiva.

Ergo: questo ha salvato l’Italia, ha appiattito la curva dei contagi e contenuto la mortalità.

Questà è una incontrovertibile verità, ma non è tutta la verità. La parte mancante è la verità che non vedono i politici, gli amministratori, i dirigenti di Asl e di distretto.

Raccontare e svelare la vera storia non ha lo scopo di affermare le proprie ragioni, ma di comprendere quale parte del processo di management sanitario sia  stata completamente saltata negli ultimi 40 anni: esattamente l’inserimento nella catena di comando e di controllo del management sanitario della Medicina Generale.

Questa omissione, comprensibile ma non scusabile è il punto di partenza di una revisione globale della struttura dell’intero SSN.

COVID come paradigma di funzioni e ruoli dei  compartimenti sanitari

La pandemia, come tutti gli eventi di salute, nascono a casa. Nelle famiglie, sui luoghi di lavoro, al cinema al bar, nelle discoteche, sugli aerei, sui treni, per strada.

Tutti,  inclusi i giornalisti sono stupefatti da questa constatazione. Quando il contagio diventa malattia epidemica si scatena l’emergenza.

Ma bisognava ovviamente pensarci prima. L’emergenza è sempre sinonimo di Alta Intensità di cura.

La vita quotidiana invece è fatta di miliardi di microeventi, difficili da intercettare  e modificare con interventi di macrosistema: ordinanze, proclami, editti.

Della vita quotidiana, nella sua continuità, longitudinalità, banale prevedibilità, si occupa la Medicina Generale Moderna.

Noi delle persone, delle case, delle comunità, delle abitudini, degli spostamenti, conosciamo letteralmente vita morte e miracoli.

Chiedete a un qualunque dottore se conosca le dinamiche semplici ma complesse di ogni famiglia, di ogni malattia, di ogni anziano fragile, di ogni giovane paziente.

Ogni dottore (i dottori siamo noi medici di famiglia: è arrivato il dottore, hai chiamato il dottore, vado dal dottore…) sa bene cosa succede e cosa può succedere.

Conosce le risposte che questa strampalata fiera delle ovvietà ci sta propinando da sei sette mesi:

L’impatto in termini di sanità pubblica della applicazione immediata ed estesa del triage telefonico, una volta quantificato, dirà quanti casi di Covid19, quanti contagi, quanti ricoveri e quanti decessi una semplice decisione di Sanità Pubblica, totalmente tempestivamente e autonomamente gestita dalla Medicina Generale, abbia evitato.

La cura dei malati di Covid è il grande merito degli Ospedali e degli Specialisti Italiani. La limitazione del contagio, la presa in carico immediata di tutti i pazienti cronici, di tutte le fragilità e il monitoraggio continua di tutte le condizioni e i pazienti cronici sono il grande merito della medicina generale.

Solo che in un Paese alla ricerca di eroi ed eroismi tutto questo non fa titoli di giornale. Hanno intervistato tutti e su tutto. Solo raramente la nostra professione ha avuto il risalto e la profondità che meritava.

Covid ha perso la connotazione di malattia di una comunità ed ha assunto le sembianze di una interminabile babele di numeri privi di qualunque correlazione tra loro.

Se confrontiamo due grafici comprendiamo la portata vera della pandemia e come abbia colpito duramente i fragili in maniera asimmetrica rispetto al contagio:

I contagiati appartengono soprattutto alle fasce giovanili e agli adulti. I decessi appartengono quasi tutti alla fascia degli ultrasettantenni.

I giovani  statisticamente trasmettono, i vecchi statisticamente muoiono.

I vecchi andavano dunque letteralmente messi sotto sigillo, tenuti lontani dalle strade, dagli studi medici, dai loro stessi familiari. E i più giovani, i loro figli e nipoti andavano tenuti lontano dai vecchi.

Questa lezione da prima elementare insegnerà qualcosa a qualcuno a tre settimane dalla riapertura delle scuole e mentre è in corso il rientro massiccio dalle vacanze più rischioso di sempre ?

Bastava fare due conti e si sarebbe scoperto che come era ovvio  TUTTA la partita si gioca SULLA SORVEGLIANZA DEL COMPARTO CHE SI MUOVE, CHE RICEVE E TRASMETTE IL VIRUS, cui andavano consentite ferie e spostamenti con regole rigide e precise, senza alcuna deroga, e la protezione totale di chi si muove poco  o nulla, gli anziani e i disabili, e che sono a casa ad aspettare senza difesa che qualcuno li contagi rientrando da una discoteca o da un traghetto.

E’ ora che qualcuno comprenda che sottoporre a test sierologici ampie coorti di popolazione serve agli epidemiologi. E sottoporre a tampone chi sta rientrando dalle ferie significa chiudere le stalle quando i buoi sono forse in gran parte scappati.

E’ ora che qualcuno comprenda che i  componenti del  comparto sanitario da proteggere fortemente erano proprio quei medici che senza alcuna protezione hanno affrontato la pandemia dove nasce si diffonde e si trasmette: a casa, nelle comunità. Per le strade, sui treni sugli aerei, nelle discoteche nei cinema, nei ristoranti  e tra poco inevitabilmente nelle scuole di ogni ordine e grado.

10 milioni di persone ogni giorno raggiungeranno 40 mila complessi scolastici, con venti milioni di spostamenti e torneranno in case dove abitano famiglie così composte (Istat)

L'Italia ha circa 60 milioni di abitanti che sono distribuiti in 25,7 milioni di famiglie, di cui circa 8,5 milioni di famiglie unipersonali – i e le single – e 17,2 milioni di nuclei familiari di almeno due persone.

Dobbiamo censire dunque  famiglia per famiglia, spostamento per spostamento. Individuare in quali nuclei ci sono adulti e anziani e fragili. A ciascuno dedicare informazione e intervento dettagliato, istruendo i giovani e i meno giovani sulla vaccinazione, sulle protezioni, sul distanziamento personale.

Dobbiamo immediatamente affrontare il problema di come somministrare in sicurezza i 20 milioni di dosi di vaccino in arrivo.

Dobbiamo proteggere i medici di famiglia, i loro collaboratori, le loro famiglie e i loro studi perché possano accedere in sicurezza alle case degli italiani, tenendo aperti in sicurezza  60 mila studi medici. Dobbiamo compiere uno sforzo eccezionale di approvvigionamento di materiali, risorse e informazione continua e tempestiva.

Entro poche ore dobbiamo riscrivere il triage, che scritto in tempi di lockdown incombente, va oggi ripensato per i tempi e le dinamiche di decine di milioni di potenziali trasmissioni e contagi giornalieri.

Qualche matematico forse potrà tentare la costruzione di una formula. Noi la formula l’abbiamo davanti agli occhi. Il virus cammina sulle gambe e dalla bocca degli esseri umani. Noi li conosciamo tutti e sessanta milioni quanti sono. Sappiamo come sono composte le loro famiglie quali scuole frequentano, quale lavoro fanno, quanti anziani hanno in casa o si prendono cura dei nipoti nelle case dei figli.

Ripetiamo per l’ennesima volta l’unica disarmante verità: tutto cominica e finisce a casa delle persone, per le strade, nei luoghi pubblici, sui mezzi di trasporto.

Lì si gioca la partita della pandemia.

Quelli sono i luoghi della medicina generale, professione della microsanità, degli eventi quotidiani, delle dinamiche semplici d'individui e famiglie.

Ogni partita si gioca sul territorio. In ospedale ci vanno gliammalati gravi.

La partita si vince o si perde a casa.

Se ci organizziamo subito e per bene ce la faremo. Altrimenti  temiamo, scriveremo  la cronaca di una situazione potenzialmente fuori controllo.

Per favore facciamo che nulla di questo accada.

 

Nota: Ho attinto ai dati elaborati da Gedi Visual, che desidero ringraziare.

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