Home Notizie Comunicati Stampa Anno 2013 La SIMG: “Siamo le sentinelle contro la violenza sulle donne – Parte ‘Vìola’, il progetto per abbattere il muro del silenzio”

La SIMG: “Siamo le sentinelle contro la violenza sulle donne – Parte ‘Vìola’, il progetto per abbattere il muro del silenzio”

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COMUNICATO STAMPA

Presentata al Congresso Nazionale della società scientifica l’iniziativa rivolta ai medici di famiglia

LA SIMG: “SIAMO LE SENTINELLE CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE

PARTE ‘VìOLA’, IL PROGETTO PER ABBATTERE IL MURO DEL SILENZIO”

L’obiettivo è individuare per tempo i casi sospetti. Il presidente Cricelli: “Oggi solo il 30% delle vittime parla degli abusi con i camici bianchi. Bastano poche domande mirate durante la visita per far emergere il non detto”. Un opuscolo per sensibilizzare i professionisti e un’indagine su tutte le pazienti

Firenze, 22 novembre 2013 – Corrono un rischio doppio di depressione, abuso di alcol e psicofarmaci. Le donne vittime di violenza domestica nel nostro Paese sono circa 15.000 ogni anno, ma il fenomeno è sottostimato. Solo il 30% delle vittime parla con il proprio medico di famiglia della violenza subita, perché pensano che non se ne occupi e soprattutto perché non hanno ricevuto domande dirette sul tema. Per questo la Società Italiana di Medicina Generale (SIMG) lancia “Vìola”, la prima campagna nazionale di sensibilizzazione sulla violenza domestica rivolta ai medici di famiglia, presentata oggi al 30° Congresso della società scientifica in corso a Firenze. I dati disponibili su questo tipo di reato si possono ricavare dagli accessi ai centri antiviolenza. La grande maggioranza delle violenze compiute ai danni delle persone accolte in queste strutture è commessa fra le mura di casa da uomini con i quali le vittime hanno o hanno avuto un legame profondo: nel 60% dei casi infatti l’autore della violenza è il partner e nel 20% l’ex partner. Le conseguenze possono essere devastanti, perché, anche se si è liberata del proprio aggressore, la donna continua a percepire, in molti casi, la propria salute come negativa. “Grazie al nostro rapporto continuativo con le assistite – spiega il dott. Claudio Cricelli, presidente SIMG –, possiamo diventare le sentinelle contro la violenza sulle donne. Il progetto si articola in diverse iniziative. Verrà distribuito un opuscolo informativo a 30.000 camici bianchi: troppo spesso la mancata conoscenza e la sottovalutazione del fenomeno inducono i professionisti a ignorare i segnali d’allarme. È importante che il medico di famiglia pratichi lo ‘screening’ su eventuali abusi e due sono le domande fondamentali da porre alla paziente: ‘Si sente mai insicura in casa sua?’ e ‘Qualcuno ha mai provato a picchiarla o a farle male?’. èessenziale cioè far emergere il problema attraverso il colloquio clinico, per poi registrarlo nella cartella informatizzata, così otterremo i dati di incidenza del fenomeno. Inoltre dobbiamo aiutare le pazienti fornendo loro informazioni sulle reti di sostegno locale (numero verde, centri antiviolenza). E sensibilizzarle attraverso l’esposizione nella sala d’aspetto di poster informativi con i riferimenti delle organizzazioni locali preposte all’aiuto”. Nel 2012 in Italia sono state uccise 124 donne. Il 69% era italiano così come il 73% degli assassini. Il 60% dei femminicidi è avvenuto tra persone che avevano una relazione di affetto e fiducia e nel 63% dei casi il reato si è consumato in casa o della vittima o di un familiare. “Dobbiamo porci per primi alcune domande – afferma la dott.ssa Raffaella Michieli, segretario SIMG -: abbiamo dedicato attenzione alle parole dette dalle nostre pazienti? Abbiamo raccolto i segnali che alcune hanno trovato la forza di mandarci? Conosciamo i codici del linguaggio necessario per affrontare il tema della violenza, come richiesto da qualsiasi altro problema clinico? Siamo in grado di accogliere la sofferenza di queste pazienti? Se il medico di medicina generale prendesse coscienza dell’alto numero di donne tra le sue pazienti che potrebbero aver subito uno o più episodi di violenza domestica, presterebbe maggior attenzione nel riconoscerne i ‘campanelli d’allarme’, rappresentati dall’aumento dei problemi della sfera genitourinaria, ginecologica e gastroenterica, da mutamenti in senso negativo dell’umore e dalla perdita dell’autostima. In realtà la mancata conoscenza del fenomeno e l’enorme carico di lavoro quotidiano legato alle patologie croniche, rendono difficile per il professionista individuare i segni indiretti di qualche forma di abuso”.

La relatrice speciale delle Nazioni Unite nel giugno 2012 ha rivolto allo Stato italiano una serie di raccomandazioni per la forte preoccupazione causata dal numero di femminicidi, per il persistere di tendenze socio culturali che minimizzano o giustificano la violenza domestica e per l’assenza del rilevamento dei dati sul fenomeno. “Un’indagine svolta su Health Search, il database della SIMG – continua la dott.ssa Michieli -, ha dimostrato che nel 2009 solo 20 medici di famiglia hanno registrato un problema legato alla violenza sulle donne. Ma ricerche svolte negli ambulatori hanno al contrario evidenziato che, analizzando attivamente il fenomeno, emerge una prevalenza, compresa fra il 25 e il 40%, in linea con i dati della letteratura. Ad esempio, da uno studio pilota svolto negli ambulatori dei medici di famiglia della provincia di Venezia su un campione di 153 donne, attraverso questionari anonimi, si è evidenziato che il 25% aveva subito episodi di violenza domestica. E il 25% delle donne vittime di abusi ha una percezione negativa del proprio stato di salute, contro solo l’8% delle pazienti che non l’hanno subita. Il 74% ha dichiarato di aver assunto un farmaco contro la depressione solo dopo l’episodio di violenza, gettando le basi per un legame stretto tra violenza e utilizzo di psicofarmaci”. Per analizzare il fenomeno in tutto il territorio nazionale la SIMG ha promosso, nell’ambito del progetto “Vìola”, un’indagine che prevede la diffusione di un questionario alle pazienti di ogni nazionalità che accedono agli studi dei medici di famiglia. La violenza può assumere varie forme: psicologica, fisica, economica (impegni economici imposti, controllo o privazione del salario), sessuale, fino allo stalking. “Subire abusi fa indubbiamente male alla salute – conclude il dott. Cricelli -. Eppure la violenza sulle donne e le sue conseguenze sono state ignorate nella società e nei servizi sanitari fino a poco tempo fa. è indispensabile un cambiamento culturale degli operatori coinvolti, a partire dai medici di famiglia. E il progetto ‘Vìola’ rappresenta il primo tassello in questa direzione”.

 

 

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